Ayelén

Il Goddard all’ora di pranzo non vanta la fitta clientela della notte. Nella zona est questi locali, ospitano durante il coprifuoco, persone di potere o loro protetti. Le cameriere snob del giorno sono sostituite dalle spogliarelliste. Una cameriera succinta si siede al banco bar, accavalla le gambe, alza leggermente il gonnellino e osserva compiaciuta l’uomo a fianco in una sorsata scolarsi l’intero bicchiere.

— Mi offri un goccio?

L’individuo fa correre lo sguardo dalle scarpe armate di un tacco lungo e sottile, attraverso la pelle abbronzata, fino alla coscia nuda.

— Un rum senza ghiaccio alla signorina…
— Ayelén.
— Abe.

La ragazza mette il dito nell’alcool e lo passa sulle labbra color fuoco. Il rossetto si sbava ai lati. Si alza, fa ondeggiare il posteriore e si allontana verso la fila dei tavoli. Abe solleva il bicchiere vuoto.

— Un altro.

Con le luci soffuse, i laser random colorati sul pavimento, il Goddard sfoggia il suo vero fascino. Le ballerine compiono evoluzioni attorno ai pali e spaziano, tra danza classica e pose hard. Dai tavoli i clienti più disinibiti, si allungano per toccarle e baciarle. Abe osserva Ayelén esibirsi oltre le capacità di una ginnasta. La ballerina termina il numero e raggiunge il banco.

— Ciao Abe.
— Ayelén, Vuoi un rum?

Lei sorride, allarga le gambe, si siede su di lui e gli mordicchia le labbra.

— Che c’è, non ti piaccio?
— Al contrario.
— Vieni.

I due si alzano e lei lo rimorchia al piano superiore, in una stanza da albergo di quinta categoria: con un letto matrimoniale, un armadio e un lavabo. Ayelén volteggia sul letto come se ballasse e Abe a fatica regge il confronto. Dopo diverse ore, cadono esausti. Lei le prende la mano.

— Se me ne parli forse, ti posso aiutare.

Abe la guarda per la prima volta negli occhi da quando l’ha incontrata.

— Sto cercando un ragazzo.

Ayelén lo lascia proseguire in silenzio.

— Si chiama Coty Brett.
— Non lo conosco. E perché ti interessa tanto?

Abe scende dal letto fa scorrere l’acqua del lavandino, si sciacqua accuratamente e si riveste.

— È una faccenda complicata. Se hai notizie di lui chiama a questo numero.

Il tonfo della porta echeggia nella stanzetta. Appena sola Ayelén apre l’armadio e infila un vestito, si rifà il trucco, prende da un cassetto due piccoli foderi di pelle, solleva il vestito e allaccia ai lati delle cosce i cinturini. Il corridoio e le scale sono vuote. Da una porta di servizio esce in strada e sale su un’auto sportiva parcheggiata a pochi metri. Guida veloce e parcheggia in una viuzza con i muri grafitati. Suona un campanello e la porta si socchiude.

— Togli la catena.

Una donna scapigliata con indosso un sottoveste la fa entrare. Ayelén si guarda attorno.

— Lui dov’è?
— Lui chi?
— Non fare l’idiota Danita. Coty!
— Non lo vedo da qualche giorno. Capita a volte.
— È nei guai.

Danita solleva un sopracciglio.

— Un certo Abe Dixon lo sta cercando.
— Ma Coty, non è che un sorvegliato.
— Mi sa che il tuo fidanzatino nasconda qualcosa. Quel fottuto porco mi ha sputato in faccia il suo nome. Se lui è in pericolo, anche tu lo sei e se scoprono che vi ho avvertiti, sono nella merda. Ti ha mai parlato di questo Dixon?
— No. Non che ricordi. Abe… Abe… ma tu come l’hai conosciuto?
— Il sindaco Desmond mi ha chiesto di stargli alle costole.
— Quindi non gode della sua fiducia. Perché pensi che lo faccia seguire?
— Non so da che parte stia sto Dixon, ma vuole Coty. Se lo sta cercando, è ancora libero e nascosto da qualche parte. Dove potrebbe andare?
— In un migliaio di posti qui nell’est. Nessuno dimenticherà mai quello che ha fatto l’assessore Brett. Amano Coty come amavano suo padre.
— È il motivo perché lo cercano. Basta una sola parola di Coty Miller e scoppia la rivoluzione. Un tipino interessante.
— Cosa posso fare per aiutarlo?
— Per prima cosa dobbiamo trovarlo.

Ayelén si avvicina alla finestra e scosta la tenda.

— Quella macchina nera è di Desmond. Dai ferri che impugnano, i gorilla che stanno scendendo, non sembrano avere buone intenzioni.

Danita porta le mani al viso.

— Ti hanno seguito?
— Credo cerchino te, comunque nessuno possiede una Ferrari qui.
— Siamo in trappola!
— Oh, questo mai.

Ayelén solleva i lati della gonnella, sfila due piccoli pugnali e li fa ruotare tra le dita.

— Nasconditi di là. A loro penso io.

Danita ha appena chiuso la porta della camera da letto quando con un tonfo, l’uscio d’ingresso si stacca dai cardini e finisce quasi sul pavimento. Dalla toppa osserva la scena. Due uomini entrano armi in pugno. Ayelén è in piedi di fronte a loro, le corte lame incrociate dietro la schiena. I due vedendola, si bloccano. Ayelén allarga le braccia come fossero le ali di un angelo e l’acciaio scintilla nella luce fioca dell’appartamento. Flette le ginocchia, china la testa e il consueto tono sensuale muta in un rauco brontolio.

— Serve aiuto?