Il carceriere

Coty non sa da quanto tempo è legato ma se dovesse valutarlo dal dolore alle gambe e dalle braccia entrambe indolenzite, potrebbe garantire di esserci nato. In circostanze normali tenendo conto dei tempi di sonno, avrebbe calcolato con un margine di errore ristretto il trascorrere del tempo. Da quando ha lasciato il suo alloggio nell’Evan però, la notte non è più correlata con il dormire e il suo orologio biologico, è completamente sfasato. Alterna momenti di sonno comatoso a sporadici istanti di lucidità. Durante quei lampi pianifica vie di fuga, remixate con pensieri e suoni, concretizzati dal dolore e dallo stato d’animo del momento.
— Se riuscissi ad arrivare al fuoco, potrei bruciare queste maledette corde. E’ inutile. Sono rigido come una stanga di ferro. Non mangio e non bevo da chissà quanto tempo. Questa volta non riuscirò a cavarmela. Forse, è proprio questo che vuole quel dannato monaco. Lasciarmi morire di fame e di sete per poi darmi in pasto alle sue bestiacce.

— Ti confesso, signor Miller, che le mie prime intenzioni erano proprio quelle.

Coty sussulta nel sentire la voce del suo carceriere. Proviene dall’androne buio dal quale l’aveva visto comparire la prima volta.

— Posso avere dell’acqua?
— No no. — sussurra l’uomo con una intonazione di scherno.
— Ti prego. Sto morendo di sete.
— Se muori, tanto meglio.

Coty prova a vedere oltre il buio. La sola presenza del monaco è la voce.

— Tanto vale che mi ammazzi subito.
— Lo farei volentieri. Ma non ho nessun potere decisionale su di te.
— Cosa vuoi dire?

La voce si è ammutolita e a Coty giunge solo lo scoppiettare delle fiamme.

— Rispondi! – Grida Il ragazzo con tutto il fiato che ha in corpo.

L’ aggressività si trasforma in un mix di disperazione e frustrazione, miscelati in uguale dose e shakerati così bene, da non sapere dove comincia l’una e finisce l’altra. Il cervello gli pulsa a ritmo sincrono con il cuore. Non sente più ne il dolore, ne la fame, ne la sete. Il monaco se n’è andato o forse, è ancora davanti a lui nascosto nel buio che l’osserva. Le sue ultime parole gli rimbalzano nella testa e si scopre a pronunciarle.

— Non ho nessun potere decisionale su di te… non ho nessun potere su di te… non ho nessun potere su te.

Il ragazzo approda alla conclusione più ovvia.

— Mi stai tenendo prigioniero per qualcun altro. E’ così? Non mi puoi uccidere perché lui ti ucciderebbe.

Fame, sete e dolore che si erano prima fusi assieme generando un unica insopportabile pena, sfumano e Coty riacquista la sua freddezza mentale, conscio che non sarebbe morto in quelle fogne.

— So aspettare monaco. Abbrustolirai all’inferno.

Il ragazzo si addormenta ma non è il solito letargo comatoso. Dorme di un sonno tranquillo, di quelli che non si è in grado di decidere ne quando addormentarsi, ne quando svegliarsi.


Un vociare smorzato si fa breccia nel suo dormiveglia e lo desta. Le fiamme del fuoco si sono affievolite e pochi metri davanti a lui, un profilo che sperava per il momento di essersi lasciato alle spalle, conversa con il suo carceriere.

— Così, devo a te tutto questo. — Ringhia basso Coty, quasi volesse uniformarsi con il timbro del loro discorso.

Delroy lo guarda con una smorfia che si fa strada tra i lineamenti del viso.

— E’ un tuo difetto fraintendere. Per coincidenza, sei finito nella tana del monaco che non appena ha saputo chi eri ci ha avvertito. Per tua fortuna, altrimenti saresti già una carogna smembrata.
— Quindi, ti dovrei la vita.
— In un certo senso. Ma avrai tutto il tempo di ringraziarmi quando saremo tornati al covo. Per nostra fortuna siamo ancora all’interno del quartiere e sarà sufficiente risalire in superficie. Ho avvertito Desmond che ha provveduto con chissà quale balla, a far disattivare i droni.
— Tutte le protezioni olografiche sono saltate. Il vostro palazzo fatiscente è visibile con il suo vero aspetto. Speravo che foste già tutti a marcire in una cella del penitenziario di Steel Hell.
— Come potrai vedere con i tuoi stessi occhi la tua sortita, ha causato solo lievi danni alle protezioni. Hai fatto fuori solo il pannello secondario e il povero Cy ma non stava simpatico a nessuno. Dalle ultime intercettazioni però, qualcun altro sta passando un brutto quarto d’ora in quel posto. Monaco! Slegalo!

Il monaco estrae il suo coltello dalla lama sottile, lo infila tra i polsi e i giri di corda che li tengono uniti e con uno scatto all’indietro che coinvolge tutto il braccio, li libera. Appena anche le caviglie sono libere, Coty si distende, schiaccia più che può la schiena a terra e come una molla fa scattare tutto il corpo, colpisce con entrambi i piedi il volto del monaco. Il coltello gli scivola dalle mani e l’uomo vola all’indietro. Delroy divertito si gusta la scena, raccoglie da terra il coltello e aiuta il monaco ad alzarsi. Gli riconsegna l’arma e con lo sguardo gli intima di non reagire.

— Adesso siete pari. — Dice a entrambi. Poi si rivolge al ragazzo.
— Alzati. Abbiamo perso fin troppo tempo.

Anche con le mani e le caviglie libere Coty, non si alza agevolmente come vorrebbe. Si guarda i posi. Dei marcati solchi rossi, girano loro attorno. Quando giunge al suo fianco Delroy estrae un dissuasore laser a torcia.

— Non si sa mai che il monaco ci ripensi e ci sguinzagli addosso i suoi cagnolini. — Sussurra.

Coty osserva l’arma. Agguanta il polso della mano che la stringe. Con l’altra mano, afferra il braccio quasi all’altezza della spalla, e obbliga Delroy a compiere mezza rotazione su se stesso. Prima di rendersi conto di quello che succede, Delroy si trova con il braccio torto dietro alla schiena all’altezza delle scapole. Coty spinge con forza verso il basso e l’avversario cade in ginocchio. L’arma scivola nelle sue mani, Senza esitare la punta verso il monaco che trova il tempo di alzare il coltello e avventarsi sul ragazzo. Un raggio blu fluisce dal dissuasore, il monaco lancia un grido animalesco e si accascia. Il coltello rimbalza sul pavimento poco prima che anche il suo corpo lo impatti. Da ogni direzione un sovrapporsi di grida inumane si propaga.

— Brutto imbecille. Ci hai condannati a morte. — Dice Delroy ancora in ginocchio.
— Glielo avevo detto che sarebbe abbrustolito all’inferno. Alzati, se non vuoi finire sbranato dai suoi amichetti.
— Ahi! Mi hai slogato un braccio.
— Ti basterà tenere la mano in tasca e nessuno se ne accorgerà. Ti ricordi la strada che hai fatto per arrivare qui?
— Da quella parte.
— Proprio da dove compariva il monaco. Andiamo! I ruggiti si stanno avvicinando.

I due si proiettano nel buio e corrono alla ceca fino all’incrocio con un altro tunnel.

— Di là! — Indica Delroy.

I morsi della fame si tornano a presentare ancora più forti di prima. Coty sente la bocca secca e appiccicosa. Barcolla. Sta per cadere ma Delroy lo sorregge con il braccio sano. Il ragazzo stringe a se l’arma.

— Forza, manca poco.

Arrivano alla scaletta ma a guardia dell’uscita, c’è una creatura. Si bloccano. La bestia si appiattisce a terra per prendere lo slancio. Delroy strappa il dissuasore dalle mani di Coty e il ragazzo cade. Senza pensarci fa partire il raggio e stende l’essere prima che possa sferrare il suo attacco. Allunga la mano e aspetta che Coty si aggrappi, si sbilancia all’indietro e lo catapulta in piedi. Lo appoggia alla scaletta, lo puntella con la spalla, si fa forza con le gambe e lo spinge verso l’alto.

— Sbrigati a salire.

Il tombino non fa resistenza e Coty lo spinge di lato. Delroy è qualche piolo sotto di lui. Coty lo sente urlare poi, il raggio del dissuasore illumina il buio e il ragazzo avverte un tonfo sordo. Qualcosa gli afferra una caviglia.

— Muoviti!

I due escono all’aperto e Coty usa le ultime forze che ha per chiudere il tombino. Da sotto provengono latrati e ruggiti. Il ragazzo si sdraia a pancia in su e l’altro s’inginocchia. La loro respirazione è un ansimare che piano piano si attenua.

— Questa volta devo dirlo Delroy. Mi hai salvato la vita.
— E non è la prima volta. Mi spieghi dove volevi andare?
— Dove voglio, andare. Al Gang Hui red light.
— Abbiamo rischiato di morire perché vuoi andare in un nightclub? Quel locale è stato chiuso dal Cancelliere. Trovane almeno uno aperto.
— Tu torna al covo e fatti sistemare il braccio da Feng.
— Coty, Danita e gli altri sono stati portati nel penitenziario di Steel Hell.
— Trovate un modo per liberarli. Sono convinto che in quel night, Gang Hui nascondesse qualche cosa. Qualche cosa che ha a che fare con me. Con il mio passato.
— Cosa te lo fa pensare?
— Ho letto il suo nome su un file. Parla con Feng, lui ti racconterà tutto. Dimmi una cosa: come hai conosciuto il monaco?
— Ci ha contattato lui, due giorni fa. Ha detto che eri suo prigioniero. Non so per quale oscuro motivo, aveva una gran paura di Desmond.
— Lasciami il dissuasore. A te non serve più. E Del… “per la causa”.
— Per la causa! Un consiglio, prima di entrare in quel nightclub, bevi qualche litro d’acqua.

Il ragazzo sorride e barcollando si dirige verso i cancelli che sbarrano l’uscita del quartiere fantasma. ​