Il pendente

Anni fa il mio amico B. era inabissato di debiti. Per questo motivo dovette disfarsi di parecchi oggetti strambi, che accumulava da tutta una vita. Tra i pezzi che mise in vendita, uno in particolare mi affascinò tanto da pagarlo una cifra considerevole. Era un rozzo pendente d’oro malamente conservato con al centro un’incisione ormai illeggibile. Vi starete chiedendo cosa mi spinse a comprarlo. Ora vi spiego. Avevo da anni affittato uno spazioso monolocale poi arredato con mobili e oggetti antichi. Alle pareti avevo appesi quadri che ritraevano celebrità sconosciute; immagini scaricate dalla rete, stampate e poi incorniciate con perizia, su telai dal design di foglie in similoro di Bologna. Il monolocale possedeva un’unica finestra, che tenevo sempre chiusa, sulla parete dietro la scrivania. Ai lati di questa penzolavano due lunghe tende nere di cotone, dall’intreccio talmente fitto da bloccare una gran parte della luce che veniva dall’esterno. Sugli scaffali anch’essi antichi e impolverati, oziavano alcuni tomi addossati l’uno all’altro. L’immagine che aveva assunto il locale, si sposava a meraviglia con il mestiere che svolgevo. Ero allora, una sorta di antiquario e acquistavo oggetti antichi che poi piazzavo a qualche collezionista. Col tempo mi ero guadagnato una certa fama, tanto che una nota emittente televisiva mi aveva intitolato una serie di documentari. Ovviamente dopo i fatti accaduti, non citerò né il nome dell’emittente, neppure il titolo della serie. L’attività mi fruttava bene e mi consentiva di condurre una vita agiata. Torniamo al giorno che acquistai quell’arcano oggetto dal signor B. Fu lui che mi chiese d’indossarlo rimproverandosi di non averlo poi mai messo. Era una ghiacciata notte d’inverno e all’esterno rivoli di pioggia colavano sui vetri annebbiati, mentre all’interno la legna che ardeva nel camino, non riusciva a contrastare il freddo dell’ambiente. Avevamo appena terminato la cena e ci eravamo ritirati nel salone dove imperava un enorme mobile bar, che ospitava la più grande collezione di alcolici che avessi mai visto. Il signor B. esaminò scrupolosamente le varie bottiglie finché si arrestò con lo sguardo compiaciuto su una di queste. Nel frattempo che mi cinsi al collo il pendente, Il signor B. prese dalla parte bassa del mobile, due bicchieri flûte. Descriveva romanticamente il liquore mentre li riempiva. Il mio fu pieno e me lo porse. Schiantai il bicchiere contro il tavolino che avevo di fronte. Con lo stelo aguzzo che mi restò in mano mi proiettai contro il padrone di casa. L’uomo riuscì a scansare l’attacco gettandosi di lato e strillando qualche cosa che non capii. Ritentai e stavolta percepii il vetro infiltrarsi tra le ossa del torace pochi centimetri sotto al cuore. Il tessuto azzurro della camicia che indossava, si tinse di rosso. Il corpo dell’uomo si accasciò gradualmente sul pavimento. Estrassi la mia arma e colpii ancora. Questa volta puntai alla gola. Uno sbuffo di sangue mi imbrattò le lenti degli occhiali, le mani e la camicia. Osservai il corpo allungato sul pavimento, la grande pozza rossa, le pupille dilatate, la bocca socchiusa. Ero curiosamente soddisfatto. Quella notte mi addormentai in un torpore anomalo e stranamente disteso. Al mattino quando mi destai, il corpo del signor B. era ancora come lo avevo lasciato. Gustai una mela mentre lo osservavo. Poi presi un piccolo coltello da forma dalla cucina e lo infilai nella tasca dietro dei pantaloni, una camicia pulita nell’armadio, e uscii. Mi fermai a osservare in un campetto da basket, due ragazzini che adoperavano un bastone al posto della palla e lo lanciavano cercando di farlo passare attraverso la rete del canestro. Mi avviai incontro a loro con la mano infilata nella tasca che conteneva il coltello. Ero a pochi metri e Impegnati com’erano nel gioco, i ragazzini non fecero caso alla mia presenza. Stavo per estrarre l’arma, quando mi si parò davanti una donna biondo tinta, che faticava terribilmente per mantenersi in equilibrio su dei tacchi a spillo fuori misura. Tirai fuori il coltello e la colpii più volte con violenza, prima alle reni, poi al seno e al torace, infine quando la donna fu priva di sensi sul ciottolato, infierii al volto. I ragazzini allarmati dalle urla della donna, si misero a gridare e scapparono. Uno di loro correndo all’indietro, mi puntò il telefonino. Li rincorsi. Prima che potessi raggiungerli, un uomo corpulento mi afferrò al collo e con una spinta brutale, mi scaraventò a terra. Il pendente che portavo al collo si staccò e cadde. Pensieri disordinati si fusero a sconnessi ricordi. Vidi il corpo dilaniato della donna a qualche metro. Sentii avvicinarsi le assordanti sirene della polizia. Fui arrestato. Dopo qualche giorno di reclusione venni spedito all’ospedale psichiatrico … o se preferite … manicomio, dove mi trovo ora. Non ho mai accennato a nessuno del pendente. A conti fatti a chi fregherebbe se fossi stato vittima di un sortilegio? Magia nera o no in questo luogo, anche le posate sono di plastica.