La confraternita

Dal diario dell’ispettore P.J. 25 ottobre ore 10.15 p.m. 

Lettera del 25 ottobre 25 ottobre ore 7.45 p.m.

Di tutti i posti dove mi hanno condotto le mie indagini questo, è di sicuro il peggiore. Mia cara sono a tre soli giorni di distanza ma tra la nostra bella cittadina e questo sperduto paesino di campagna, sembra esserci almeno un secolo. Non dico questo solo perché’ mi manchi esageratamente, ma perché Il tempo qui, sembra davvero essersi arrestato il secolo scorso. Mi sono fermato a comprare del tabacco lungo la strada e da quel poco che sono riuscito a comprendere dai discorsi della gente, credono che il paesino, dove sono diretto, sia posseduto e invaso dai fantasmi. I fantasmi. Posseduto. Come il secolo scorso. Come se esistessero ancora le streghe. Comunque mia adorata, il paesaggio che mi circonda, sembra contribuire a mantenere vive queste superstizioni. La nebbia mi avvolge come un lenzuolo. Entra dai finestrini della carrozza con la quale viaggio. Penetra dalle mie narici e dalla mia bocca quando respiro e mi satura fino alle viscere. E’ mio grande desiderio assolvere il più presto il compito per il quale sono stato mandato in questo posto tetro e poterti riabbracciare. Ti prego prega per me. Prega perché non mi accada niente. Io pregherò di rivederti presto. 
Tuo per sempre Pj. 

Ho trovato a fatica alloggio in un ostello del paese. Non perché ci siano molti turisti ma perché nessuno era disposto a ospitarmi. Gli stranieri non sono visti di buon occhio e non posso biasimarli. Con il clima tenebroso che si respira, non credo che siano abituati a vederne molti. Ho paura che le indagini si protrarranno più a lungo di quello che speravo. Il problema è la lingua. Gli abitanti parlano una lingua strana, molto diversa dalla nostra. Si tratta sicuramente di una lingua antica. Il passaggio dalla lingua conosciuta a questa è stato talmente immediato. Per un attimo ho avuto l’impressione di aver oltrepassato il portale del tempo. Domani mattina incomincerò le mie indagini. Questo ostello è gestito da una comunità locale di frati. Dovrei quindi essere sotto la protezione di nostro Signore.

26 ottobre ore 7.12 a.m. 
La protezione dei frati e il fatto di trovarmi in terra consacrata, non hanno assolto le mie attese. Il mio sonno è stato inondato da fiumi d’incubi e mi sono destato madido di sudore, ho udito rumori agghiaccianti provenire dai corridoi. Mi sono sembrate urla di donna ma non potrei giurarlo. Avrebbe potuto anche essere parte di un incubo. Finalmente il sole si è levato a dispetto di questa incessante nebbia che ha l’aspetto di un’entità’ paranormale che vuole penetrare qualsiasi cosa faccia parte di questo mondo. E’ giunta l’ora che inizi le mie indagini ed ho intenzione di farlo partendo proprio da questa singolare congregazione di frati alquanto misteriosa.

26 ottobre ore 10.24 p.m. 
Ho passato quasi l’intera giornata con i frati. Solo durante i momenti di preghiera mi lasciavano solo. Avevo l’impressione che un’oscura presenza controllasse ogni mio movimento. La lingua sembra un ostacolo insormontabile e a causa di questa incomunicabilità, brancolo ancora nel buio. Mi è parso di sentir sussurrare un nome questa mattina da uno dei religiosi. Devo indagare più’ a fondo. Non voglio credere che si tratti di chi penso. Possibile che questa strana congregazione sia stata fondata da lui? Per mantenere in vita le sue folli e sanguinose idee? Se così fosse … ma Dio ce ne scampi. Ora prenderò’ qualche goccia di sonnifero. Ho bisogno di riposare questa notte.

27 ottobre ore 9.05 a.m. 
Il sonnifero ha vinto sulla mia psiche. Nonostante l’enorme quantità’ di pensieri che affollavano la mia mente, ho dormito profondamente. Cosi profondamente che quando mi sono destato, sul letto di fronte giaceva supino il corpo di un uomo. Al suo risveglio mi ha salutato cordialmente e il mio cuore è guizzato dalla gioia. Parlava la mia lingua anche se con un accento molto diverso. Mi ha raccontato che fa lo scrittore e che viene in questo paesino da tre anni e sempre in questo periodo. Gli stimola l’ispirazione. Comprende la lingua che si parla qui e mi ha confessato di essere molto curioso di scavare nella storia locale. Si è offerto di aiutarmi nell’indagine. Inutile dire che ho accettato. Non mi resta altro da fare. E poi l’uomo m’ispira fiducia.

27 ottobre ore 23.03 p.m. 
 Oggi è stata la prima volta che sono uscito da quando sono arrivato qua. Il mio nuovo amico sembra essere di grande aiuto alla mia indagine. Non ha conoscenze locali ma sa muoversi discretamente e se la cava in maniera accettabile con la lingua. Abbiamo conversato con numerose persone. Hanno risposto con cordialità’ a ogni mia domanda ma hanno abilmente evitato ogni mio quesito sulla congregazione di religiosi che ci ospita. Ho notato che qualsiasi riferimento a questa causava nei loro sguardi in eccesso di terrore che rendeva vano il loro tentativo di occultarlo con il calmo ton o della voce. Quale poteva essere il motivo di tanta paura? Intendo scoprirlo. Non so in che modo ma questi frati hanno a che vedere con il mistero che avvolge questo paese. Questa notte niente sonnifero. Essere in due nella stanza da me tranquillità. Domani ho intenzione di incollarmi ai frati. Devo scoprire tutto di loro.

28 ottobre ore 13.15 p.m. 
Ho tentato di partecipare ai momenti di preghiera ma il permesso mi è stato negato perché non membro della confraternita. Questo non fa altro che alimentare i miei sospetti nei loro confronti. Questa notte tenterò’ di ispezionare le altre stanze. Quelle vietate agli ospiti. Vi è una decina circa di stanze alle quali solo i frati hanno accesso. Da ora cercherò’ di non destare sospetti. Mi sono già’ esposto troppo insistendo a partecipare alle loro funzioni. Il mio amico scrittore è andato alla ricerca d’indizi in giro per il paese. Ha dalla sua la buona scusa di voler scrivere una storia basata sul passato di questo luogo. Si sta rivelando un’ottima spalla. La migliore che abbia mai avuto.

28 ottobre ore 11.05 p.m. 
Al suo rientro il mio amico mi ha raccontato cose interessanti. Secondo un coltivatore, l’ostello nel quale alloggiamo, sorge sulle rovine di un precedente monastero. Pare che questo fosse una roccaforte, una specie di tribunale religioso. Fu demolito alla fine del secolo scorso. Qualcosa incominciava a muoversi nell’indagine. I miei sospetti prendono corpo. Aspetterò’ ancora un’ora prima di uscire dalla stanza. Devo essere cauto.
29 ottobre Queste pagine sono restate bianche per giorni. Riprendo a scriverle da dove mi sono interrotto. Sono ancora sveglio da ieri sera. Abbiamo perlustrato ogni angolo dell’ostello. Quel che abbiamo scoperto questa notte ci pone entrambi in una posizione di pericolo. Vorrei abbandonare tutto e tornare a casa ma non posso. Ancora adesso che sono lontano nel nostro stanzone, mi salgono conati di vomito al pensiero. Non potevamo sapere quello che ci aspettava finché non abbiamo sceso i tanti scalini che conducevano in cantina. Appena in fondo siamo stati travolti da un vomitevole lezzo di putrefazione che ci ha obbligato a coprirci il viso con un fazzoletto. Il tremendo odore mi dava comunque il voltastomaco e dovetti raccogliere tutte le mie forze per riuscire a proseguire. Siamo rimasti stupiti di fronte all’’ immensità’ di quel posto. Quello che sembrava un semplice corridoio di cantina era in realtà un labirinto di cunicoli. Senza sapere che direzione prendere ci saremmo sicuramente perduti. Abbiamo imboccato il cunicolo dal quale ci sembrava provenire il puzzo. Dopo numerose svolte in ogni direzione, dove in alcuni momenti salivamo e a volte scendevamo, ci siamo trovati in una specie di salone nel quale confluivano diversi altri cunicoli. Dall’altare posto al centro doveva essere una stanza rituale. Niente all’apparenza faceva pensare ai tradizionali riti cristiani. L’altare era macchiato da larghe chiazze scure. L’aria era ormai irrespirabile. Si era fatta densa. Sembrava che fosse composta unicamente da quel tremendo odore che i nostri fazzoletti non potevano più tamponare. Una luce proveniva dal cunicolo alla nostra sinistra. Quando siamo giunti alla fonte della luce, ci trovavamo in un altro salone identico al precedente. Mancava solo l’altare e al suo posto c’era un leggio con un grande libro appoggiato sopra. Ci siamo avvicinati ed ho letto alcune righe. Erano scritte in una lingua incomprensibile. Guardai il mio amico, ma con un cenno del capo mi fece capire che non poteva esserci d’aiuto. Voltai alcune pagine. C’erano dei disegni. Raffiguravano strumenti e tecniche di tortura. Non mi è voluto molto per capire che quel libro era l’edizione originale della più sadica sanguinaria opera di tutti i tempi servita da guida nel secolo scorso per orrende sofferenze e morti. Quello era il Malleus Maleficarum pubblicato nel 1487 dai due frati domenicani Jacob Sprenger e Heinrich insistor Kramer allo scopo di soddisfare l’urgenza di reprimere l’eresia, il paganesimo e la stregoneria in Germania. I frati quindi dovevano essere i custodi dei segreti della santa inquisizione. Ci bastò avvicinarsi a una delle celle che circondavano il salone per renderci conto che cosa originava quel puzzo. Era arredata con diversi strumenti e dal muro pendevano delle lunghe catene arrugginite con spessi bracciali di ferro anch’esso arrugginito alle loro estremità. Un tavolone enorme di legno con tubi e grossi imbuti stava al centro della stanza. Numerosi attrezzi simili a bisturi erano appoggiati sul tavolino e il pavimento era maculato da larghe chiazze scure. Ci trovavamo chissà quanti metri sotto il suolo, nessuna finestra. Sono ancora assorto nei miei pensieri quando il mio compagno indica con un dito un lato buio alla mia destra che io non avevo notato. Dal soffitto penzolava un corpo. Impossibile dire se era maschio o femmina, poiché era ridotto a mezzo busto. Smembrato dalla vita in giù. In alcuni punti, le ossa avevano straziato la pelle ed era visibile la cassa toracica. Della parte superiore delle spalle gli era rimasto solo fino un corto pezzo di collo fino alla gola. A quella vista e a causa del fetido odore della carne putrefatta, sono caduto in ginocchio sul pavimento ed ho vomitato tutto quello che avevo in corpo. Appena sono riuscito a rialzarmi sulle gambe, abbiamo fatto ritorno al nostro dormitorio. Non potevamo più rimanere in quel posto. Se i frati avessero solo intuito quello che avevamo scoperto, ci saremmo trovati a penzolare anche noi dal soffitto di una di quelle celle.

31 ottobre ore 2 p.m.
 Siamo ormai a due giorni di distanza dal paese. Abbiamo abbandonato ogni indagine, fatto i bagagli e fuggiti a piedi in segreto due notti fa. Dopo quasi un giorno di cammino abbiamo incontrato una carrozza che procedeva nella nostra direzione. Il conducente ci ha concesso di salire a bordo. Ci ha accompagnato fino al paese più vicino. Lì abbiamo preso un’altra carrozza che ci ha portato alla mia città. Il mio amico scrittore passerà un po’ di tempo con noi. Il tempo necessario per scrivere questa nostra folle avventura. Appena tornerò al comando di polizia, farò rapporto. E’ la prima volta che non porto a termine un’indagine ma il mio superiore capirà.

Conclusione del racconto “La confraternita” scritto da R.P. Marley
 Dopo alcuni giorni il suo rientro in città il mio amico ispettore P. J. si recò al comando di polizia denunciando la scoperta della confraternita segreta. Il suo superiore mandò alcuni uomini sul posto per porre fine all’incubo. Giorni dopo quegli uomini tornarono in città senza aver rilevato niente di strano. L’ostello nel quale noi alloggiammo, rapportarono che non esisteva e gli unici frati che vi erano nelle vicinanze, vivevano in un monastero ed erano ben visti da tutti. La lingua che si parlava in paese era di poco diversa da quella che si parla da noi e non ebbero nessuna difficoltà a comunicare. Io avevo soggiornato per ben tre volte in quel paese e sapevo come stavano le cose. Non so perché quegli uomini mentirono. So che lo fecero.