Ghoul Womb

Il ragazzo si ferma davanti alla recinzione. L’uomo alle spalle gli accosta la canna del fucile disintegratore, mentre l’altro apre il lucchetto e sfila la catena dal cancello.

— Dentro!

Il giovane barcolla oltre la soglia.

Richiudilo!

Le due sentinelle si allontanano. Coty prende respiro e si guarda attorno.

— Ghoul Womb.

Estrae dalla tasca il terminale che gli diede Dixon in occasione dell’ultimo incontro e lo accende. Digita alcune coordinate. Sul visore compare un intreccio di edifici e vie senza nome.

— L’edificio che mi ha indicato Desmond non deve essere lontano. Avrà fatto in modo che i suoi droni mi riescano a vedere. Un edificio perimetrale. Eccolo.

Coty percorre la stretta via principale. Un sibilo dall’alto lo fa trasalire.

— Droni anche all’interno. Non pensavo esistessero ancora fonti elettromagnetiche attive, dopo quello che è successo. Chi è tanto pazzo da mettere piede…

— Ehi, Coty!

Il ragazzo si volta. Gli occhi gli escono dalle orbite.

— Non sono un fantasma, guarda.

Il giovane apparso d’improvviso alle spalle, allarga le braccia e compie una rotazione su se stesso.

— Sono io, in carne e ossa.

Coty resta immobile a osservarlo. Il ragazzo biondo di bell’aspetto gli si avvicina. Con due dita gli dà un buffetto sotto al mento.

— Desmond, ha insistito perché ci aiutassi nella missione.
— Tu… Ho assistito alle torture che ti infliggevano in cella, finché non hai esalato l’ultimo respiro.
— Oh robetta. Gli ultimi miracoli della chirurgia plastica. La messinscena è stata resa reale dal fatto che lo sconosciuto che si trovava al mio posto, non poteva sapere niente del nostro gruppo. Non rispondendo a nessuna domanda, è stato torturato fino alla morte. Un sacrificio necessario.

— Non puoi essere Delroy.
— Non pretendo che tu capisca o mi perdoni per quello che ho fatto. Ma sappi che sarei pronto a rifarlo.

Coty lascia cadere il terminale e sferra un pugno al viso di Delroy che cade violentemente a terra. Il ragazzo si passa una mano sulle labbra e ne osserva il dorso strisciato di rosso.

— I tuoi genitori e anche Yin, sono morti per causa tua. Sei un maledetto bastardo senza scrupoli.

Delroy si alza e si sistema la camicia.

— Forse me lo meritavo. Ma non riprovarci.

Coty stringe i pugni.

— Quando tutto questo sarà finito, ti spedirò dritto all’inferno.
— Per adesso cerchiamo di collaborare come due vecchi amici.
— Per me sei morto, dentro quella cella di metallo.
— Come vuoi. A noi interessano i risultati e personalmente, a me della tua amicizia importa meno che niente. Quindi non perdiamo altro tempo. Raccogli quello. Non ci servirà la mappa.

Coty raccoglie da terra il terminale e Delroy gli fa strada.

— Se hai abbastanza fegato per entrarci, Ghoul Womb è un rifugio sicuro. Il quartiere, abbandonato dal secolo scorso a causa di un’epidemia virale, è stato classificato zona ad alto rischio dalle autorità. A Desmond, serviva uno in gamba da piazzare all’interno di questo obitorio, per ripristinare le vecchie connessioni elettromagnetiche e consentire il funzionamento dei droni, per un futuro reintegro del quartiere nella città. Ma non solo. Quando saremo a casa, ti mostrerò il resto. Vedrai che sorpresa.

Giungono di fronte a un palazzo al tempo fastoso, oggi dall’aspetto pericolante. Tutto quello che resta sono: un muro coperto da macchie di vernice, le finestre murate, poche travi di legno a ricordare la passata presenza di un tetto. Le scale esterne corrose dalla ruggine, si sono accasciate sul selciato. Delroy come dovesse chiedere un ballo a una dama, tende la mano verso il rudere.

— Cosa ti sembra? Non è fantastico? Dai entriamo.

Coty non risponde e segue il ragazzo. Varcata la soglia l’aspetto muta. I pavimenti sono di un lucente granito grigio, i muri sembrano imbiancati di fresco, dall’ingresso s’intravede una stanza arredata con un sontuoso mobile a vetrina. Un voluminoso lampadario a gocce pende dal soffitto. Coty sosta immobile a testa.

— All’esterno un ologramma riveste il palazzo e lo fa apparire come un ammasso di mattoni maldisposti, all’interno si mostra per quel che è. Una reggia. Saliamo, le sorprese non sono finite.

Davanti a loro un ampio scalone in marmo, percorso da un corrimano in ottone lavorato, sale al piano superiore. Tutto è molto simile al pianterreno, escluso i lampadari non più a gocce, ma guarniti da artistici fiori di vetro. Il piano è circondato da porte in legno massiccio, con battocchi di ottone a forma di bocca di leone. Delroy bussa alla prima porta senza ottenere risposta. Passa alla successiva ma ancora niente.

— In stanza non ci sono. In fondo c’è la sala.

Il ragazzo apre la porta più distante. Coty ondeggia, il viso sbianca, e Delroy lo afferra.

— Su, su. Non è questo il momento di svenire.

La stanza è tappezzata di attempati computer, alcuni funzionanti con bobine di nastri magnetici e valvole. Tastiere olografiche, Dischi di memoria e intere console attrezzate di ogni strumento per l’intercettazione e la trasmissione. Coty si trova faccia a faccia con i fantasmi del suo passato. Delroy lo sostiene per un braccio e lo accompagna. Un uomo seduto alla scrivania, li sente avvicinare e si volta.

— Abbiamo appena intercettato una comunicazione del cancelliere. Ciao Coty, felice di rivederti. Ascolta.

Coty rimane immobile ancorato al braccio di Delroy a fissare l’uomo che ha di fronte. Alcuni soffi escono dagli altoparlanti del modulo vocale.

— È molto sporca ma non per molto.
— Ottimo lavoro. Coty, sei ancora convinto di volermi spedire all’inferno?

Il giovane resta in silenzio. Fissa il viso dell’uomo che ha di fronte. Delroy si lascia andare in una risata, gli appoggia una mano sulla spalla e grida.

— Questo uomo è Coty Miller, inutile spiegarvi chi era suo padre. Da oggi, dirige lui le operazioni.

Tutti i presenti si voltano verso di loro e ognuno a suo modo saluta il nuovo venuto. Delroy abbraccia Coty.

— Di nuovo insieme per la Causa.