Il mito

Il cinese si liscia la barba, assecondando l’andamento delle parole di Abe. Con le mani imprigionate da una fascia magnetica e convinto dalle precedenti minacce dell’orientale, l’ex assessore, non si risparmia in nessun particolare. Ayelén è al suo fianco e Abe comprende il motivo della benda. Al precedente incontro nel vicolo, aveva pensato si trattasse di una stravaganza della ballerina. Vedendola di profilo, con la stoffa che si è scostata all’altezza dello zigomo, l’uomo nota il bulbo oculare privo dell’occhio.

— Ayelén!

La giovane china la testa.

— Vada avanti. Mi parli della creatura. Ha detto che assomigliava a un massiccio cane.

Abe guarda Ayelén. La ragazza sta in silenzio con le braccia tese lungo il corpo, stringe forte i pugni a tal punto, che le punte delle lunghe unghie smaltate si piegano.

— L’aspetto era quello di un grosso cane, ma aveva artigli e denti più grossi.

Il cinese gli pianta gli occhi in faccia e l’uomo s’interrompe.

— Si spostava a balzi?
— Si ma lei come…
— Un Inugami.
— Un cosa?
— Un demone. O una divinità, dipende dal punto di vista.

Ayelén alza la testa. Il cinese è un serpente incantato dalla musica.

— Cosa ti prende Gang?

L’uomo si risveglia e afferra per il braccio Abe.

— Perché, sta cercando Coty Miller?

L’ex assessore non reagisce. La voce esce graffiata.

— Suo padre era come un fratello. Gli ho fatto una promessa, intendo mantenerla.

I muscoli facciali di Gang si rilassano. Solleva i polsi di Abe e disattiva il flusso magnetico della fascia. L’uomo stende le braccia e apre e chiude le dita delle mani.

— Finché resterà qui, sarà sorvegliato dai miei uomini. Non è un prigioniero. Voglio farle conoscere una persona. Ayelén, vai a prendere la tua amica.

La giovane esce dalla stanza.

— Di cosa stava parlando, poco fa?

I muscoli del viso del cinese si irrigidiscono.

— Spero di sbagliarmi, ma la sua descrizione non lascia dubbi. Ha avuto un incontro ravvicinato con una specie d’Inugami. Una creatura che appartiene a un’antica religione giapponese.
— Ma lei, è cinese.
— Un trenta per cento del mio sangue è nipponico. Mia nonna mi raccontava storie tramandate da generazioni che alla base avevano culti molto antichi. Una di queste parlava dell’Inugami. Un cane fatto morire di fame dal padrone perché si reincarni nel suo corpo.
— Con quale scopo?
— Per lo più per vendicarsi dei torti subiti. Il posseduto, si comporta come un cane, a tal punto da assumerne le sembianze.
— Sta parlando di antiche credenze popolari. Io ho visto un mostro in carne e ossa.
— Non ho detto che si tratti di un Inugami. Sicuramente è qualche cosa che gli assomiglia molto. È arrivata. Lei è Danita, la ragazza di Miller. Anche lei come Ayelén si è rifugiata al Red Light per sfuggire al sindaco. Un mio informatore mi ha riferito ore fa, che il ragazzo è stato catturato dalle guardie proprio qui, in un alloggio del quartiere cinese. Lo hanno fatto salire su un mezzo. Non so perché, ma Il sindaco lo voleva vivo.

— Anni fa, il ragazzo è stato arrestato insieme a un gruppo di sovversivi, rilasciato per mancanza di prove, è stato ridotto a sorvegliato. Corre voce che avesse violato Il sistema informatico della SSC, trafugando abbastanza materiale da far cadere il cancelliere. Per sicurezza i suoi compagni sono stati giustiziati tutti con l’accusa di terrorismo. A lui fu riprogrammata la mente. Qualche cosa nella riprogrammazione deve essere andata storta perché il ragazzo non ha dimenticato del tutto.

Il cinese si siede. Guarda gli occhi lucidi di Danita.

— Lo porteremo qui sano e salvo. Anch’io ho un debito con suo padre.​