Il coniglio di Pasqua

Grandi magazzini H.&J. Quasi ora di chiusura .


La gente preferisce fare la spesa negli orari di punta. I grandi centri commerciali sono diventati luoghi di aggregazione, frequentati da lavoratori che si riuniscono nei bar interni durante l’ora di pranzo e ragazzini che all’uscita di scuola, transitano con gli amici per mangiare hamburger e patatine. Proprio per questo motivo a quest’ora il centro è praticamente deserto. Quasi deserto.

– Smettila di fare i capricci. Ti ho detto che l’uovo non te lo compro quest’anno. Sei in punizione, ricordi?
– Ma mamma, ho promesso che non ti farò più arrabbiare.
– Lo prometti sempre e non lo fai mai.

Dalla parte opposta della corsia, una bizzarra creatura, sta osservando la scena. Il bimbo la scorge.

– Guarda mamma, un coniglione.

La donna si volta nella direzione indicata dal bimbo, ma l’essere è già svanito.

– Basta sciocchezze. Andiamo a pagare.
– Ti giuro che l’ho visto. Era laggiù.

La donna trascina il figlio verso l’ascensore che porta al pianterreno dove ci sono le casse. Una voce dall’altoparlante comunica la chiusura imminente del centro. “Il centro tra dieci minuti chiude. Si prega di avvicinarsi alle casse.”

– Sbrighiamoci prima che ci chiudano dentro.

I due sono fermi che aspettano l’ascensore, quando un forte tamburellare, cattura la loro attenzione.

– E’ lui! Visto che non ho detto bugie.

Gli occhi rossi della creatura, studiano la donna con aria feroce.

– Cosa si inventerebbero per vendere. Uno spilungone vestito da coniglio con tanto d’impermeabile e cravattino.

Il coniglio senza staccare gli occhi dalla donna Infila una zampa all’interno dell’impermeabile.
La donna afferra il bimbo e lo nasconde dietro di lei. Il coniglio sferra il colpo e la lama del coltello da cucina, le si conficca nella fronte aprendole il cranio. Il bambino urla e il corpo della donna scivola lungo la porta chiusa dell’ascensore. Saltando la creatura si allontana. Balza sopra una scansia e si lancia verso una finestra aperta a vasistas. L’afferra, la strappa dal telaio e si lancia nel vuoto. Le urla del bambino allarmano le guardie del centro che accorrono sul posto e vedono il massacro. Il bambino guarda nel vuoto verso una finestra sradicata.

– E’ stato il coniglio.


In un vicolo deserto, tarda notte.


– Ehi amico, bel vestito. Non è che hai lì sotto un goccio per placare la sete a un povero disgraziato?

Il clochard parla con voce spezzata, intrisa di tristezza della vita gettata. Era un uomo comune come quelli che passeggiano per le strade, poi il vizio della bottiglia. Una sofferenza che sembra non finire più. Attaccato da gruppi di teppisti che gli lanciano sassi e alti oggetti, quando va alla ricerca di cibo o qualche coperta nei cassonetti della città. Ha più cicatrici il cuore che la sua pelle. Il cestino trabocca di bottiglie di birra e lattine. Una zampa rivestita da un guanto bianco, ne afferra una di vetro per il collo. Colpisce ripetutamente sulla testa l’uomo. Al primo colpo perde i sensi, al secondo il sangue inizia a sgorgargli sulla fronte, al terzo il cranio si spappola. Getta la bottiglia e si allontana saltellando.

Strada provinciale 3, prime ore del mattino.


– Ma che cavolo…

Dopo una nottata di trasgressioni, sta facendo ritorno a casa. Un’ombra gli si para davanti al cofano della Corvette e lo costringe a una frenata che gli costerà un bel po in gomme. Apre lo sportello e scende.

– Ehi tu. Vuoi farti ammazzare?

L’ombra illuminata dai fari dell’auto assume una forma grottesca.

– Ma come cavolo sei vestito? Sei forse scappato da qualche manicomio?

L’uomo viene sollevato da terra e scagliato contro il parabrezza.

– Sei matto? Che fai?

Rotola a terra e si rialza. Scappa. La sua auto lo insegue. Per sfuggirgli, si lancia oltre il ciglio della strada, s’immerge nel fitto della boscaglia e si nasconde dietro a un grosso albero. Sente spegnersi il motore, il baule si apre. Si richiude. Tonfi pesanti. Non passi, piuttosto salti. Fa per fuggire ma lui è già lì. Lo osserva con occhi che sembrano alimentati da fiamme. Un gran bruciore al viso, la testa che gli parte di lato, i denti e la saliva schizzano da tutte le parti e il sapore rugginoso nauseabondo del sangue. Guarda con la vista annebbiata e chiede:

– Perché?

Ancora un colpo. L’ultimo.


Vicolo deserto, tarda mattina. 

– Chi lo ha trovato?
– L’uomo laggiù. Erano amici, condividevano spesso il cibo e l’alcool. Era un alcoolizzato ma una brava persona.
– Aveva già subito aggressioni?
– Stando a quello che dice il suo amico, più di una volta. Con lanci di sassi e altri oggetti.
– Cosa lo ha ridotto così?
– Una bottiglia di birra tedesca da trentatré.
– Madre santa, questa città pullula di pazzi. Prima l’efferato assassino dei magazzini H&J ora questo. Due delitti in meno di venti ore. Spero ci sia due senza…
– Le squilla il telefono.
– Sì, pronto. Dove? Arrivo.
– E’ successo qualcosa?
– Già, pare che davvero non ci sia due senza tre. Un cacciatore ha trovato il corpo di un uomo con la faccia massacrata in un boschetto adiacente alla provinciale 3.


Pochi minuti dopo, strada provinciale 3 

– Buon giorno, ispettore.
– Non mi sembra. L’ascolto dottore.
– Dunque l’ora del decesso è attorno alle due di questa mattina, la causa sono stati i colpi violenti ricevuti per mezzo di un oggetto metallico piuttosto pesante. Abbiamo trovato un crik accanto al corpo. Senza dubbio è quella l’arma del delitto.

– Ispettore… venga.
– Trovato qualche indizio?
– La vittima aveva con se i documenti. La Corvette sul ciglio della strada era la sua. Per quale motivo avrebbe dovuto abbandonarla con le chiavi inserite e scendere quaggiù.
– Forse aveva un bisogno impellente di orinare. A volte capita.
– E uno che se la fa addosso si porta un crik?
– Vuoi dire che il crik è il suo?
– Precisamente. Quel modello è in dotazione con l’auto, porta sopra il marchio di fabbrica.
– Chi era?
– Un figlio di papà che passa il suo tempo in discoteca o avvinghiato a qualche ragazza. Orfano di madre, solo il padre che non siamo riusciti a contattare perché all’estero per affari.
– Scopri se stava antipatico a qualcuno, se ultimamente aveva litigato e che locali frequentava. A proposito, chi ti ha detto tutte ste cose?
– Abbiamo trovato parecchi biglietti di entrata e carte consumazione, nel portafogli assieme a questo santino da defunto e tre pacchi di profilattici sotto al sedile del passeggero.
– Vabbè se li aveva non vuol dire che li usasse.
– Due pieni e uno con solo tre. Pacchi da cinquanta. Di quelli che si acquistano in rete.
– Ah! Bene. Bhe vedi se aveva pestato i piedi a qualcuno.
– Mi muovo subito. Vuole parlare con il cacciatore che ha trovato il corpo?
– No per oggi ne ho avuto abbastanza. Torno in ufficio. Hai il numero del padre?
– Tenga, questo è quello del suo ufficio. La segretaria si è rifiutata di darmi il cellulare. Ha detto che pensava lei ad avvertirlo della disgrazia.
– A quest’ora, dovrebbe averlo già fatto. Voi fate tutti i rilevamenti, raccogliete la deposizione del cacciatore e raggiungetemi. Mi raccomando non tralasciate di annotare nessun particolare.

Ufficio del direttore generale delle Cioccolate Largo, Qualche ora prima.


– Come sarebbe a dire sparito?
– La porta della gabbia era strappata.
– Incapaci, avete tempo tre giorni per trovarlo e riportarlo a casa o faccio travestire voi con dei bei costumini rosa. Andate!

I due uomini escono urtandosi dalla stanza. Il grassone si lascia andare a peso morto sulla poltrona di pelle che scricchiola all’impatto. Tira fuori dalla tasca della giacca una scatola di pelle e acciaio e fa scorrere lentamente il pollice salsicciotto per aprire il contenitore. Guarda i tre sigari all’interno, ne sfila uno, misura la distanza con precisione millimetrica e gli trancia la testa col trancino a forbice. Prende dalla stessa tasca una scatola di fiammiferi in legno da cucina, la apre e scuotendola, ne fa uscire uno. Lo accende e ruota lentamente il sigaro dalla parte opposta al taglio, sulla fiamma. Continua l’operazione finché il fuoco gli arriva a sfiorare la pelle. Spegne il fiammifero scrollando la mano e si porta il sigaro alle labbra, tira e fa uscire il fumo dai lati della bocca.

– Se non troviamo quel dannato roditore, tutti gli sforzi fatti per battere la concorrenza, saranno stati inutili. Kinder e gli altri produttori ne approfitteranno.

L’uomo trattiene il sigaro con i denti, solleva la cornetta del telefono e compone il numero.

– Dottore, sono Largo. E’ sorto un problema. L’aspetto nel mio ufficio.

Appoggia la cornetta, lascia cadere all’indietro la testa e aspira una lunga boccata di fumo. Resta in quella posizione con gli occhi che fissano il soffitto finché non sente bussare alla porta.

– Venga avanti.
– Cosa è successo di tanto urgente?
– Il coniglio, è scappato.

Il dottore, esile e leggermente ricurvo in avanti, si avvicina alla scrivania e aggrappa il bordo.

– Glielo avevo detto che era un rischio da non sottovalutare.
– Non è altro che un coniglio cresciuto. I miei uomini lo ritroveranno e lo rinchiuderanno in gabbia.
Potrebbe non essere così semplice. Le sue capacità non sono ancora state testate. Non possiamo sapere neppure se quell’essere è o non è pericoloso.
– Perché mai, un roditore dovrebbe costituire un pericolo.
– Non capisce. Il suo cervello non ragiona come quello di un animale. Lui pensa come un essere umano. Violenza, odio, vendetta sono insiti nella sua testa come nella nostra.
– Quello che sta cercando di dirmi è che potrebbe anche uccidere?
– Sì, se gli viene in mente di farlo.

Largo adagia la punta nel posacenere e attende. Il il sigaro smette di fumare.

– Come possiamo impedire che avvenga?
– Possiamo solo sperare che non si avvicini a nessuno. In questo momento Easter è come un neonato. La sua mente sta apprendendo, tutto per lui è gioco. Anche uccidere. D’altro canto si sentirà sperduto come un infante quando viene lasciato solo.
– Cosa propone?
– Di chiamare la polizia. Un sogno, potrebbe trasformarsi in un incubo.

Largo osserva Il sigaro che appoggiato a testa in giù nel posacenere, ha ripreso a fumare.

– Scoppierà uno scandalo.
– Sarebbe molto più grave tenere nascosto l’accaduto.

Afferra il sigaro, gli soffia sulla punta e tira.

– E sia. Domani, informerò la polizia. Gli chiederò maggiore discrezione possibile.

Polizia, ufficio dell’ispettore capo, alcune ore dopo.


– Sì, pronto.
Me lo passi.
Cosa posso fare per lei?
Sarò li tra dieci minuti.


Ufficio del direttore generale delle Cioccolate Largo, poco dopo.


– Stento a credere a quello che mi ha raccontato.
– Le giuro che è la verità, ispettore. Non sa quanto mi costerà tutta questa faccenda.
– Sicché una creatura, metà uomo e metà coniglio, si aggira libera per la città. Ho alcune foto da mostrargli dottore, ma prima risponda alla mia domanda. Come vi è venuto in mente di dare alla luce un simile ibrido?
– Il signor Largo, voleva dare vita alla leggenda del coniglio di pasqua. Conoscendo le mie doti di genetista, mi ha esposto l’idea. Io mi sono subito messo al lavoro. E’ la rivincita della genetica, su questo mondo moralista e bigotto.

L’ispettore estrae un mazzetto di foto.

– Guardate queste. E ditemi, siete tanto contento del vostro risultato? Questa è stata scattata ai magazzini H.&J. Ieri notte. Questa sulla provinciale tre e quest’ultima, in un vicolo del centro. C’è di più. Il bambino che era con la donna ai magazzini, sostiene sia stato un coniglio che indossava un impermeabile e un cravattino a uccidere sua madre. Sul momento abbiamo pensato fosse in stato di shock, ma adesso tutto acquista un senso.

Il dottore china la testa e passa le foto al direttore. Dopo aver guadato la prima porta entrambe le mani al viso e si piega colpito da conati di vomito.

– Posso… contare, sulla sua… discrezione?
– Chi crederebbe mai a una storia simile? Ma, giuro che con voi, non finisce qui.

Un parco nella periferia della città, primo pomeriggio.


– Non me lo dire, testa spaccata.
– Esattamente, l’anno trovata alcuni bambini che giocavano a palla laggiù.
– Chi è?
– Non lo sappiamo ancora. La vittima non ha con se documenti e ridotta in quel modo, è impossibile risalire alla sua identità.
– Dov’è il medico legale?
– Laggiù. Ha appena finito e si sta togliendo i guanti.
– Vado a sentire cosa ha da dirmi.

– Oh! Caro ispettore.
– Dottore, cosa mi racconta?
– Decesso avvenuto intorno a mezzogiorno. Arma del delitto un grosso sasso. L’assassino ha colpito tre volte la vittima, in punti diversi, aprendogli il cranio lungo la sutura coronale e provocando la frattura dell’osso parietale e dello sfenoide.
– Pensa ci possa essere un legame tra i delitti delle ultime ore?
– Potrebbe essere. Arrivederci, Ispettore.
– Spero di no.

L’ispettore torna dal collega che sta scattando le foto di routine al cadavere.

– Ispettore, pensa che abbiamo a che fare con lo stesso assassino?
– Ne sono sicuro.
– Tra le vittime non c’era nessun legame, però. Difficile pensare anche a un serial killer.

Entrambi guardano muti, mentre il corpo viene caricato e coperto con un lenzuolo.

– Tu ci credi al coniglio di pasqua?
– Non ci ho mai creduto neanche da bambino.
– Eh! Inizia a crederci.
– Che vuol dire?
– Questa mattina mi ha chiamato il direttore delle Cioccolate Largo. Largo in persona. Ha chiesto di vedermi e quando sono arrivato, era assieme a uno scienziato genetista, il quale mi ha riferito di aver clonato una creatura, per metà uomo e per metà coniglio. Questa creatura, avrebbe dovuto pubblicizzare le uova di cioccolato ai bambini. Come babbo Natale, fare qualche foto e regalare uova. La rivincita della genetica sul mondo… com’è che lo ha chiamato? Ah sì, moralista e bigotto. Invece, hanno dato vita a un altro mostro da dare la caccia. Come se tra gli esseri umani, non ci fossero già abbastanza fuori di testa.
– Se la storia che gli hanno raccontato è vera, tutto si complica.
– Per la precisione. Abbiamo a che fare con un assassino che uccide senza cognizione. Solo perché gli va di farlo. Può colpire ovunque e in ogni momento.
– Cosa intende fare?
– Torno da quel ciccione demente di Largo e gli mostro l’ultima memorabile impresa della sua creatura. Tu vieni con me, così vedi che non ti racconto cazzate.


Pochi minuti dopo, i due poliziotti raggiungono il palazzo, sede delle Cioccolate Largo.

Appena mettono il naso dentro, estraggono le pistole.

– Cosa… è una carneficina.
– Il coniglietto è tornato alla sua tana. Tieni gli occhi ben aperti, può essere dietro ogni angolo. Raggiungiamo l’ufficio di Largo.

Mentre nell’ufficio del direttore generale delle Cioccolate Largo.


– Fermati! Per l’amor di Dio, Fermati. Aiuto.

L’uomo si aggrappa ai braccioli di pelle della poltrona. L’alito puzzolente della creatura gli da la nausea. Le sue mani gli stringono il collo. Il viso diventa bluastro. Poi un tonfo, la porta si apre.

– Lascialo!

La creatura rivolge lo sguardo verso i due. Allarga gli arti superiori. Avanza verso di loro. Uno, il più giovane, lo fissa, abbassa la pistola.

– Che mi venga…

L’altro la solleva, chiude un occhio, con quello rimasto aperto traccia una linea che va dal mirino posteriore a quello anteriore. Preme il grilletto. La canna s’inclina leggermente. La pallottola centra il bersaglio e la creatura rimane immobile. Gli occhi di fiamma smettono di ardere e si accascia sul pavimento. Entra nell’ufficio un uomo in camice bianco. Si lancia sul corpo. Afferra con le mani il bavero dell’impermeabile. Piange. Grida:

– Assassini!

L’ispettore abbassa la pistola e si rivolge al collega.

– Portalo via. Prima che spari anche a lui. Anzi, porta via tutti e due.