Il drone

Con l’occhio appoggiato alla toppa della serratura Danita, osserva l’amica battersi contro i due giganti. Ayelén volteggia da una parte all’altra schivando e colpendo, prima un avversario, poi l’altro. I due rinfoderano le armi e si lanciano in avanti. Ayelén gira i pugnali con le lame rivolte verso l’interno, i muscoli delle braccia si gonfiano e il corpo flette in avanti. Uno dei due assalitori cambia direzione e gli passa a fianco. La ragazza piroetta e sfruttando la velocità di rotazione, scocca un fendente. La lama si pianta poco al di sotto della clavicola e uno sbuffo rosso brillante, la colpisce. Estrae il pugnale e il corpo tonfa sul pavimento. Si volta e si abbassa per evitare l’attacco del secondo uomo. La reazione è troppo lenta e si trova a terra disarmata. Gli organi interni sono schiacciati sotto al peso del colosso e i suoi arti bloccati. Un rantolo le esce dalle labbra.

— Facciamo l’amore.

Solleva la gamba sinistra, piega il ginocchio e riporta il piede a terra, quando l’arto si appoggia sotto al coccige, l’uomo le appare turbato e gli angoli delle labbra di lei, si piegano in un flebile sorriso. Gonfia l’addome e soffia fuori tutta l’aria. Il peso si alleggerisce e può inarcare il corpo. Il gigante sbilanciato, lascia la presa e pianta le mani a terra. Ayelén gli afferra un braccio, ruota su se stessa e si trova sopra. Con l’interno cosce stringe la testa dell’uomo che geme e picchia le mani sul pavimento. Lei affannata gli sussurra:

— Odio stare sotto.

La resistenza si fa sempre più fievole, finché le braccia dell’avversario si rilassano sul pavimento. Ayelén compie una decisa torsione del busto e il collo del titano crepita sotto di lei. Lascia la presa e si sdraia a terra esausta. Danita esce dalla stanza.

— Ayelén, stai bene?.
— Mi devi un completo da sera. Le guardie armate non tarderanno ad arrivare.

Ayelén recupera i pugnali, prende le armi dai due corpi e porge una pistola a Danita. Escono e vanno verso la sportiva rossa.

— Maledizione, quei due cani mi hanno fuso le gomme. Prendiamo la loro auto.
— Sei pazza? Se rubiamo una macchina di Desmond siamo rintracciabili dai satelliti spia.
— Credi forse che tutto questo passi inosservato ai satelliti? Sveglia Danita. Volevano ucciderti. Uno di quegli affari ci sta guardando proprio adesso.

Salgono sulla vettura nera.

— Mancano le chiavi.

Ayelén strappa la copertura di plastica dal piantone dello sterzo, collega il filo di accensione con quello della batteria e preme a fondo il pedale. Il boato del motore si diffonde. Con un violento colpo prima a destra e poi a sinistra, libera il volante, inserisce la marcia e le gomme stridono sul selciato.

— La passione di Desmond per le auto datate, ci ha risparmiato la fatica di disattivare un moderno antifurto.
— Attenta!

Ayelén sterza con violenza. Dallo specchio vede la parete di un palazzo dietro loro sporcarsi di rosso e diventare macerie e fumo. Un altro colpo di sterzo e una voragine si apre nella strada.

— È un drone rintracciatore. Non possiamo seminarlo, è comandato a distanza da un satellite spia. L’auto ha un rivelatore di posizione. In strada siamo bersagli facili. Siamo ormai al quartiere cinese.
— Sento un gran caldo.
— Fuori, presto.

Le due donne aprono lo sportello, si lanciano fuori dalla macchina in corsa e rotolano ai lati della strada. La vettura avvolta dalle fiamme catapulta verso l’alto e cade fracassata. Il rivelatore di posizione cessa la trasmissione e il drone si allontana. Ayelén raggiunge l’amica sdraiata sul lato opposto.

— Disfati di qualsiasi apparecchiatura possa comunicare.
— Ho solo questo vecchio smartphone.
— Buttalo.

Danita lascia cadere l’apparecchio e fa per pestarlo.

— Ferma. Lasciamo che lo rintraccino. Ci permetterà di guadagnare tempo. Pensiamo a cambiarci gli abiti. Una donna in sottoveste e una con gli abiti sporchi di sangue danno troppo nell’occhio.
— Dove troviamo dei vestiti puliti?
— Penso sarà facile, con tutti questi negozietti.
— Non possiamo entrare in queste condizioni.
— Qui, fanno poche domande. Guarda quello, fa al caso nostro.

Ayelén apre la porta e un delicato rumore di campanelli avverte una signora anziana, le va incontro e la saluta in cinese. Lei sorride, fa un leggero inchino e contraccambia. Provano diversi vestiti, ne scelgono uno a testa, abbastanza lunghi da non lasciare intravedere le armi, pagano e stanno per uscire dal negozio quando Ayelén, afferra Danita per un braccio.

— Ascolta.

Un forte sibilo proviene dall’esterno.

— Non se n’è andato. Sta ancora volando qua attorno.
— Il mio smartphone.
— Devono aver tarato a distanza il ricevitore sulla sua frequenza. Usciamo da dietro.

Ayelén sbircia fuori. La viuzza è stracolma di persone e le due si mescolano alla folla.

— Dove andremo adesso?
— Conosco una persona nel quartiere, alla quale ho allietato parecchie ore. Possiede un locale vicino al vecchio mercato notturno.
— Che tipo di locale?
— Del genere che non approvi. Al momento, non ho un’idea migliore.

Si fanno strada tra le persone e raggiungono l’area del mercato.

— È quello laggiù. Fai parlare me. Ricorda, sei una ballerina professionista.
— Ma non so ballare.
— Lo so, ho pensato a tutto.

Un lento corteo aspetta il turno per entrare. Ayelén afferra la mano dell’amica e incrocia le dita con quelle di lei. Si fa largo e si porta in testa alla coda. Uno dei due bestioni orientali di guardia all’entrata le frena.

— Ehi, dovete fare la fila.

Ayelén alza la testa, sfiora con le labbra quelle dell’uomo e lascia uscire un filo di voce.

— Gang Hui.

A sentire quelle parole l’uomo allontana il viso della ragazza.

— Chi lo desidera?
— Ayelén.

Il buttafuori fa un cenno al suo compare. Questo entra ed esce dopo qualche minuto. Bisbiglia qualche cosa all’orecchio del primo che si lascia scappare un sorriso.

— Prego, ragazze e scusate l’attesa. Il signor Hui vi aspetta nel suo ufficio al secondo piano.​