Stato sonnambolico

Il caldo afoso e improvviso di questi giorni, non fa altro che accrescere i sintomi degli individui sofferenti di certe infermità. Causa l’alta temperatura del primo pomeriggio, un uomo arranca a fatica sul selciato dei marciapiedi cittadini. Finalmente come una sorgente nel deserto, intravede la fine del suo travaglio. Assicuratosi dell’indirizzo giusto, suona il campanello. Una giovane sulla trentina con indosso un abito a tubino azzurro lo accoglie.

— Prego, si accomodi. Il professore la riceverà a minuti.

— Grazie, preferisco attenderlo qui.

— Come desidera.

Un tipo dall’aspetto gioviale, esce dalla stanza di fronte e gli porge la mano, se non indossasse il tradizionale camice bianco, nessuno metterebbe la mano sul fuoco, dichiarando con certezza la professione.

— Buona sera, sono il professor Garri.

— Piacere. È già a conoscenza del problema, ne abbiamo discusso al telefono.

— Certamente. Venga, ho fatto allestire un’area adatta.

Entrano in una stanza dalle dimensioni imprecisabili, le pareti divergenti tra loro, arredata solo da una poltrona e un lettino.

— È sufficientemente a suo agio?

— Curiosamente sì.

— Bene si distenda.

— Come le ho precedentemente detto, per un risultato discreto, dovrò ipnotizzarla. Le farò una piccola iniezione del tutto indolore. Contribuirà a rilassarla e a impedire ogni sua reazione, involontaria o contraria che potrebbe prendere il sopravvento durante la seduta. Sarebbe fatale per la sua mente, e complicherebbe ulteriormente il suo stato emotivo. Viste le sue problematiche eviterò di farle visualizzare il consueto ascensore per raggiungere uno stato sonnambolico. Le chiederò invece di focalizzare una scala. Degli scalini. Quanto spazioso l’ambiente, la luce e i colori, è ininfluente. La seduta durerà all’incirca cinque minuti scarsi.

— Sono pronto!

Spunta la ragazza con il tubino. In mano tiene una piccola siringa con l’ago rivolto verso l’alto. Gli friziona delicatamente il braccio e pratica l’iniezione.

— Chiuda gli occhi e si rilassi. Visualizzi una lunga scala che scende. Lei si trova sul primo gradino. I gradini in basso non li guardi. Al mio uno inizia a scendere le scale. Uno… a ogni passo, si sente più rilassato… due… attorno, riaffiorano i ricordi… tre. È arrivato. È il 1980. È sabato. Un bambino di otto anni le corre incontro e le prende la mano. Vuole che lo segua. Lo accontenta e stringendogliela, cammina al suo fianco. Cosa vede?

— Confusione. Giochi. Fogli scarabocchiati. Pennarelli sparsi. La riconosco… è la mia cameretta. Mi stacco dal bimbo e raccolgo un foglio. Papà… mamma. Delle urla. Vengono da chissà dove di fuori. Mi lancio all’esterno. È buio. Le gambe diventano legni. Sudo freddo. Il cuore mi rimbomba nelle orecchie e la testa mi sfugge. Mi aggrappo alla parete. Il bambino se n’è andato. Cammino lungo un corridoio. Mi ritrovo in cucina. Il tavolo è coperto da una tovaglia di plastica color crema. Da uno dei bordi un rivolino di liquido rossastro gocciola sul pavimento. Termina a terra in una pozza. È vino. Mi guardo attorno… nessuno. Ancora grida.
Sono di nuovo nella mia camera. Voglio scappare ma non so da quale parte. Mi metto a gridare. Aiuto… aiutatemi vi prego, ma non mi esce alcun suono. Corro nel buio inciampando in non so cosa. Cado. Mi trovo nuovamente in cucina. Daccapo quelle strilla. Vi supplico…

— Esce dalla cucina. Riprende la scala dalla quale è sceso. Sale. A ogni gradino si avvicina al risveglio. Ogni ricordo, ogni cosa, sarà rimossa. Conterò fino a tre, si sveglierà e le sembrerà di aver dormito molto tempo. Uno… Due… Tre.

— Dove… Ah sì, Allora?

— Le sue angosce hanno poco a vedere con il passato.

— Dovrò convivere con le mie fobie?

— Temo di sì. Non ho potuto fare nulla quindi, le abbuono la seduta.

— Ci ha provato! La ringrazio, arrivederci.

Traballante il paziente se ne va.

Da un angolo nascosto della stanza mimetizzato per via della prospettiva, compare una figura maschile vestita di nero, come solo in certi film americani si vede.

— Cosa ricorda?

— Niente! A ogni modo la tossina che gli abbiamo iniettato, entrerà in circolo nel giro delle prossime ventiquattro ore, provocandogli un normale arresto cardiaco. Non vi darà più alcun fastidio.

— Buon per lei!

La signorina con il tubino turchino apre l’uscio, esce in strada e si aggiusta la tracolla della borsetta. L’uomo in abito nero la raggiunge, salgono su un’automobile che li sta aspettando dalla parte opposta della carreggiata e si allontanano rapidamente.